C'è stato un tempo in cui la mia amica Tereza voleva andare a lavorare alle Risorse Umane.
Ricordo le fantasie che mi facevo in merito, le prime volte che sentivo parlare di questo ufficio.
LEI si muove danzando nello spazio.
A piedi nudi batte il tempo di un ritmo ancestrale sul parquet della grande sala. Dalle vetrate si vede il bosco.
Non è sola. Balla giocando con altre donne.
Ognuna ha orecchie di volpe che spuntano impertinenti dai capelli.
I pomeriggi dell'estate in cui avevo 12 anni, li trascorrevo giocando a carte con una ragazzina che abitava due case più in là della mia. Sulle scale, all'ombra del portico davanti al suo portone, si svolgevano accanite partite a Briscola o a Scala 40. Chi di noi due perdeva chiedeva subito all'altra la rivincita e così facendo, andavamo avanti per ore, in uno strano clima di competizione cooperativa, dove la vittoria non era mai definitiva. E neppure la sconfitta.
Io credo che sia così anche nella vita.
Non si può dire che il nostro sia stato un colpo di fulmine. Lo definirei semmai un colpo... .al cuore.
Di mestiere faccio la fisioterapista e l’ho conosciuto al lavoro. Si chiamava Ennio.
Un inizio quasi banale per un amore.
Ma io avevo 44 anni e lui 10 mesi.
Non poteva durare.
Nel mezzo di un gelido inverno, per dirla alla Peaky Blinders, esco di casa una mattina per andare al lavoro. Sono tornata la sera prima da una vacanza, durante la quale sono stata cosi bene, che mi costa parecchia fatica rientrare nel quotidiano.
Mi sento come una di quelle tende della Quechua che fece tanto scalpore quando uscì sul mercato. Chi non ricorda la pubblicità in cui veniva lanciata in aria e magicamente si apriva in volo?
Un amico ne comprò una, ma la prima volta che la usammo non riuscì a rinfilarla nell'involucro e tornammo a casa stipandola ancora mezza aperta sui sedili posteriori dell'auto!
Eccomi stamattina. Sono come lei. Occupo più della metà dell'abitacolo della mia vita con la voglia di ripartire subito e non c'è verso di ripiegarmi per rimettermi nella custodia.
Quest'estate ho vissuto un'esperienza illuminante. E no no, non è avvenuta durante un soggiorno in un ashram in India, bensì nel corso di un "banale" week end al mare! Tre semplici giorni con la mia amica Vanessa e la sua cagnolina, una cucciola di pastore che si chiama Polpetta.
"Patrimonio abbandonato" è il titolo di uno splendido libro fotografico di Roman Robroek.
Da quando me l'hanno regalato vive, aperto a caso, sul tavolino della mia sala.
Ogni pagina onora la bellezza degli edifici storici che vi sono fotografati.
Luoghi polverosi e in rovina, che la natura si è ripresa dopo anni di abbandono.
Dimenticati e non per questo meno affascinanti.
Posti che non andrei a visitare ma che catturano la mia immaginazione per il loro carattere onirico.
Roba da Scorpioni insomma!
."La mappa non è il territorio"
Questo è uno dei presupposti della PNL (Programmazione Neuro Linguistica) e vuol dire che il territorio, cioè la realtà che ci circonda, è qualcosa di differente dalla mappa, cioè dal modo in cui ognuno di noi la interpreta, in base alle proprie convinzioni, esperienze e schemi mentali.
Praticamente significa che non c'è un'unica realtà ma ci sono innumerevoli mappe e ciascuno si costruisce la sua.
La prima volta che ho sentito pronunciare questa frase mi è sembrato di ascoltare un messaggio in codice di cui non possedevo la chiave. Quasi un gioco di parole.
Nel corso degli anni però ho avuto modo di comprenderne il senso.
Ultimamente ripenso spesso a questo principio, perché la mia mappa sta andando a farsi friggere.
Io mi sono innamorata.
Di un libro.
Eh oooh..
S'intitola "La polvere del mondo".
L'autore, Nicolas Bouvier, nel '53, all'età di 24 anni, parte da Ginevra a bordo di una Fiat Topolino, raggiunge a Belgrado il suo amico pittore Thierry Vernet e insieme affrontano il viaggio verso Samarcanda.
Mi sono innamorata di come scrive, del suo sguardo capace di sostare sui piccoli dettagli senza perdere l'orizzonte, della poesia di certe immagini, del coraggio di partire all'avventura nel tempo prima di internet e del cellulare. Mi sono innamorata del mondo che racconta e anche della polvere.
Ma la cosa buffa è che lo seguo su maps!
Cosi, dopo i Balcani e l'Anatolia, adesso (io, Nicolas e il suo amico) siamo arrivati a Teheran ed è primavera.
Per uno strano caso del destino è primavera anche in questo piano di realtà e ciò rende tutto molto confuso.
Nei foglietti illustrativi dei farmaci sono descritte col nome di "effetti collaterali", tutte quelle reazioni non previste o non desiderate, e non per forza nocive, che potrebbero presentarsi dopo averli assunti.
Mi sono chiesta tante volte se succeda la stessa cosa anche nella vita.
Sappiamo che ogni nostra azione ha una conseguenza ma esistono pure gli effetti collaterali?
A settembre mi sono iscritta con Ester ad un laboratorio di autobiografia in 5 incontri. Non ho avuto neppure un attimo di esitazione, pensando che, siccome mi piace scrivere, sarebbe stata una cosa divertente da fare insieme.
In verità non so mica cosa mi aspettassi di preciso! Fatto sta, che durante il primo incontro, dopo aver conosciuto le docenti e le altre partecipanti, e dopo aver ascoltato la lettura di alcune pagine di un libro, che ci avrebbero aiutato ad entrare nel tema della serata, ero ancora tutta sorridente.
E cieca.
Come solo gli inconsapevoli sanno essere.
Avevo letto da qualche parte che c'erano due ginkgo biloba secolari in un parco vicino a casa di Tezla e così, a metà novembre, io e lui siamo andati a "conoscerli".
Il mattino grigio che avevamo scelto era uno sfondo perfetto per amplificare lo spettacolo: i magnifici alberi, nel pieno del loro splendore dorato, sembravano venire da un sogno.
Da poco ho una nuova macchina.
Automobile dalle sorprendenti potenzialità, è stata capace di farmi "viaggiare" ben prima di comprarla, trasportandomi indietro nel tempo.
Distesa ad occhi chiusi sul terrazzo a fianco della casa, ascoltavo con tutto il corpo la voce di Valentina, che si fondeva col rumore del mare.
Le avevo fatto un massaggio il giorno prima e lei, in cambio, mi aveva offerto un trattamento con i canti medicina.
Le parole che cantava mi appartenevano. Venivano da lontano e, trascendendo lo spazio e il tempo, si facevano strada dentro di me. Comunicavano con i miei panorami interiori in un viaggio musicale di riconnessione, creando assonanze segrete, anche a me stessa.
Succede, nella vita, di morire.
Non mi riferisco all'estrema dipartita ma a quelle morti che avvengono via via. Alcune sono precedute da una lunga agonia: quando ad esempio ci ostiniamo a stare in una relazione ormai finita. Altre sono morti sul colpo: quando succede qualcosa d'inatteso e capisci che quello che è stato non sarà più.
Qualche morte è pure bella: quando ad esempio cambi casa per andare a vivere in un posto che ti piace. Ma quasi tutte, anche le migliori, contengono un po' di dispiacere per ciò che di noi è andato.
Siamo affezionati alla persona che pensiamo di essere. Ci identifichiamo con quell'immagine fino a illuderci che sia immutabile.
Quando sono partita per la vacanza itinerante nel sud della Sardegna ho messo in valigia un quaderno dove immaginavo di scrivere una specie di diario di viaggio. Volevo appuntarci i nomi dei luoghi che avrei visitato, provare a descrivere i colori del mare, i profumi della macchia mediterranea e le emozioni.
Insomma, pensavo ad un modo per ricordare la sensazione che porta con sé la scoperta di posti nuovi, diversi dal quotidiano.
Si dice che quando si viaggia la mente sia più aperta...ecco...la mia si è dilettata nel fantasticare e ho finito per mettere nero su bianco alcune esperienze, giocandoci un po'. Il risultato è sicuramente diverso da quello che mi aspettavo, ma forse più divertente.
A volte sembra che non stia succedendo niente.
Niente di bello intendo.
Anno scorso, qualche mese dopo l'inizio della pandemia, la mia amica Laura, alla ricerca di strategie per far fronte alla situazione, mi raccontò di aver comprato una rivista che si occupa di salute e benessere, solo perché in copertina si pubblicizzava un articolo dal titolo "Essere felici nonostante tutto". Anche io mi sentivo giù di morale e le chiesi, se le fosse sembrato interessante, di scannerizzarlo e mandarmelo.
A chi non è mai successo di capire una cosa per un'altra, di fraintendere, insomma di prendere fischi per fiaschi?
A chi non è successo di interpretare in maniera errata le intenzioni di una persona, i suoi gesti, equivocarne le parole e magari finire in situazioni spiacevoli o imbarazzanti?
Anni fa la Vita decise che era giunto per me il momento di fare una specie di ricapitolazione delle mie principali relazioni amorose e in una settimana mi costrinse a rivedere di nuovo, più o meno per caso, quattro ex.
Che poi, detto tra noi, quella "x" della parola ex, sembra proprio una chiara indicazione: ci hai fatto una croce sopra e ci sarà un perché o no?
Nel giro di qualche settimana, durante un paio di passeggiate in posti diversi, ho trovato due ciucciotti da bambino, entrambi con la catenella e la clip. Il primo penzolava da un arbusto. Forse qualcuno lo aveva raccolto da terra e messo lì in modo da renderlo più visibile a chi fosse tornato a cercarlo.
Il secondo era tra l'erba di un prato e, seguendo l'esempio, l'ho lasciato appeso ad un ramo.
A guardarlo da lontano aveva un che di magico. "Se i bambini li porta la cicogna, i ciucciotti possono di certo crescere sugli alberi!" ho pensato poi, continuando a camminare.
Negli ultimi mesi ho sentito parlare più volte dell'ingresso nell'Età dell'Aquario.
Pare che sia un tempo speciale questo, un tempo in cui, noi "fortunelli", stiamo transitando verso una nuova Era.
Pare che ci vorrà un po', perché il passaggio da un segno all'altro è un fluire di energie, ma secondo gli astrologi, sembra proprio che l'Era dei Pesci stia volgendo al termine.
Per quello che mi riguarda l'Era che è finita è quella dei Gatti, perché in questi giorni, con grande dispiacere, ho detto addio anche al mio amato Furio.
Lui e Freeda erano arrivati nel 2009, li avevo trovati a distanza di pochi mesi l'uno dall'altra e incredibilmente, dopo quasi 12 anni di "onorato servizio", se ne sono andati entrambi. Freeda lo scorso aprile e Furio in settimana.
Quando Ester, a dicembre del 2017, mi parlò della "parola dell'anno", la ascoltai incuriosita. Invece di fare la solita lista di buoni propositi per il nuovo anno, che magari a fine gennaio hai già rinnegato peggio di Giuda, si trattava di scegliere una parola, una sola, che funzionasse da guida. Una specie di indicatore di direzione, uno strumento per tenere viva l'intenzione su quello che avresti voluto vivere e realizzare nel corso dei 12 mesi successivi.
Quando ero una bimba, la sera del 24 dicembre, dopo cena, a casa mia arrivava Babbo Natale in persona.
Lo aspettavamo, trepidanti, in tre: io, mia sorella e mio cugino.
Anche quell'anno, ad un certo punto della serata, si sentì suonare il campanello... La mia tensione raggiunse livelli quasi insopportabili e finalmente il babbo andò ad aprire il portone: era lui!
"Son già le sette nell'aria c'è un suono... è Magda forse che suona il piano..." cantava Bennato negli anni '70.
Ma no, non si tratta di Magda, bensì di Furio, che non è il mitico personaggio - marito di Magda nel film di Verdone - ma il mio gatto.
Canzone e film, miagolio e suono della sveglia del cellulare, si mescolano confusamente tra loro, mentre, con fatica, cerco di uscire dall'oscura selva del sonno.
La mia regione è diventata aranc##### anzi no, rossa (e vaffanculo). E io grigia.
Questa nuova ondata di restrizioni mi mette a dura prova. Nel corso dell'edizione primaverile della quarantena sono stata piuttosto creativa ma ora temo di aver terminato le riserve e di non possedere più risorse per gestire la seconda stagione.
Come procedere?
La comunicazione nelle relazioni è un tema che mi affascina moltissimo e allo stesso tempo mi dà da fare.
Un modo davvero originale di comunicare qualcosa, che forse non sapeva nemmeno di conoscere, lo trovò mia figlia anni fa.
La casacca della mia nuova divisa del lavoro è chiusa, sul davanti, da una fila di bottoncini automatici.
A fine giornata mi dà una gran soddisfazione toglierla aprendola con entrambe le mani in un colpo solo. Come un maniaco esibizionista che spalanca a sorpresa l'impermeabile, mi mostro a me stessa grazie allo specchio dello spogliatoio.
Durante la quarantena mia sorella ha deciso di svuotare la cantina. Eravamo già nella fase in cui si poteva andare a trovare i "congiunti" e io sono passata da casa sua giusto il pomeriggio in cui lei stava decidendo cosa tenere e cosa no.
Aggirandomi tra gli scatoloni, la mia attenzione è stata catturata da un vecchio macinino da caffè da parete, ancora funzionante.
L'ho preso in mano chiedendole "E questo?". Lei mi ha risposto "Boh! Non so come sia finito tra le mie cose! Se vuoi prendilo pure".
Mi pareva di averlo già visto. Forse anni prima nella cucina dei miei genitori?
Incuriosita ho chiesto notizie al mio babbo.
"Lo strano percorso
di ognuno di noi
che neanche un grande libro o un grande film
potrebbero descrivere mai
per quanto è complicato
e imprevedibile........."
cantava Max Pezzali nel 2004 e se, secondo lui, neanche grandi libri e film ce la possono fare, ci riuscirò io con un racconto?
Vediamo.
Giorni di solstizio. Di solstizio con eclissi anulare. Di solstizio con eclissi anulare e novilunio. Di solstizio con eclissi anulare, novilunio e Giove, Saturno, Plutone, Venere, retrogradi.
Diciamolo, vien voglia di nascondersi in una grotta.
Si dice che l'unico modo per ritrovarsi sia perdersi. Io ho le prove.
Qualche settimana fa riflettevo con un gruppo di amiche sugli schemi comportamentali che mettiamo in atto, in modo automatico, nelle nostre vite ed Ester ha proposto a tutte un esercizio che aveva letto su un libro.
Io e la mia amica Tereza abbiamo immaginato per mesi modi pratici e anche un po' magici per lavorare sui confini.
A ripensarci adesso credo che io e la mia amica Tereza faremmo bene a dedicarci all'uncinetto.....
È più di un mese ormai che dormo sul divano.
La prima notte è stata una scelta dettata dallo shock della morte della mia gatta, avvenuta proprio in camera mia la mattina stessa.
"Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera".
Un'amica mi ha ricordato questo brano di T. S. Eliot citandolo alla fine di una conversazione via chat, come sintesi rappresentativa del suo clima emotivo in questo strano mese.
Se n'è andata una mattina di aprile del 2020. Il mondo intero era in quarantena da quasi 2 mesi. Lei da quasi 11 anni.
Nessuno dei presenti poteva occuparsi di lei così la adottai io.
La portai a casa caricandola in macchina dentro una scatola di cartone coperta da un telo.
È arrivata un pomeriggio di novembre di 11 anni fa. Non l'ha portata la cicogna ma un più moderno suv, che al momento del nostro incontro era parcheggiato di fronte ad un supermercato.
Un gruppo di persone armeggiava intorno al cofano come un'agitato staff di ostetriche e ginecologi riuniti per un parto difficile.
Lei era nel motore.
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