Distesa ad occhi chiusi sul terrazzo a fianco della casa, ascoltavo con tutto il corpo la voce di Valentina, che si fondeva col rumore del mare.
Le avevo fatto un massaggio il giorno prima e lei, in cambio, mi aveva offerto un trattamento con i canti medicina.
Le parole che cantava mi appartenevano. Venivano da lontano e, trascendendo lo spazio e il tempo, si facevano strada dentro di me. Comunicavano con i miei panorami interiori in un viaggio musicale di riconnessione, creando assonanze segrete, anche a me stessa.


A tratti si accompagnava con un sonaglio o col tamburo. Era il mio tamburo e mi commuoveva che suonasse per me.
Questi strumenti, così come le antiche canzoni, mi riportavano di continuo al momento presente, facendomi sentire in connessione con lei e con tutto ciò che ci circondava.
Mi fidavo e lasciavo affiorare le emozioni che il variare del ritmo sonoro mi evocava.

Valentina cantava già da un po' quando il sole sbucò da sopra il tetto e cominciò ad illuminare lo spazio all'ombra della casa, che avevamo scelto per il trattamento.
Ricordo le sensazioni di calore e di luce che prima toccarono i capelli poi il viso e via via, lentamente a scendere, tutto il resto del mio corpo.
I canti mi avvolgevano e contemporaneamente mi attraversavano mentre mi univo al suono.
Mi sentivo espansa.
Nessuno aveva mai cantato solo per me con intento e sacralità.

Ad un certo punto, verso la fine, dalla mia pancia ecco una frase. Era fatta di carne e parole. Diceva "non è colpa mia".
Come un nodo che si scioglie.
Di più, come una porta chiusa da secoli che si riapre.
Di più, come dopo aver camminato per giorni e giorni fino al mare, spogliarsi e buttarsi nudi in acqua.
Di più. Come una magia.

L'incanto di questa consapevolezza mi accompagna da allora.


Da due anni prendo lezioni di arpa.
Mi era capitato di sentirla dal vivo e avevo desiderato di imparare a suonarla.
Subito il mio giudice interiore era saltato in piedi zittendo l'intero parlamento "Seeee...ecco un'altra di quelle assurdità che ti vengono in mente ogni tanto. L'arpa uaaahahahahah! Alla tua età! Farò finta di non aver udito questa stronzata. Che non se ne parli più!!!".
Invece, la potenza del desiderio era tale, che saltellando da una coincidenza all'altra, non solo ho trovato Rachele, fantastica insegnante, ma alla fine della prima lezione, sono uscita da casa sua con un'arpa in prestito, per potermi esercitare a casa.

Passavo le serate "camminando" su e giù per le corde, mi commuovevo ai primi accordi, preparavo i brani natalizi con la consapevolezza che, vabbe', sarebbero stati pronti per Pasqua, ma non mi scoraggiavo.
Chemmenefregavaamme! Mica dovevo diventare una musicista! La mia era pura passione. Quei suoni vibravano con qualcosa dentro che mi nutriva. Una specie di autoproduzione di bellezza.
Cosi, un progresso dietro l'altro, sempre sostenuta dall'entusiasmo di Rachele, ho imparato diversi pezzi, ampliando via via il repertorio.

Quest'anno a Luglio sono partita per tre settimane di vacanza.
Al mio ritorno l'arpa era rotta.

L'arco superiore era spaccato di netto, come se qualcuno l'avesse colpito con un'ascia, dividendolo. Le due parti si erano spostate e disallineandosi avevano tirato giù tutte le chiavi delle corde.
Improvvisamente anche il mio cuore aveva assunto lo stesso aspetto.

Non mi capacitavo dell'accaduto!
Un'altro al mio posto avrebbe semplicemente guardato le cose per quelle che erano, invece al mio posto, cazzo, c'ero io! Io che guardavo la frattura nel legno e vedevo una frattura nella mia vita.

Il dolore che provavo era quasi fisico, abnorme, sproporzionato rispetto all'evento.
La visione dell'arpa rotta risuonava con qualcos'altro che avevo infilato in un buco giù nel profondo e che ora era uscito dal nascondiglio: io non sapevo prendermi cura di quello che era prezioso per me. Non ero in grado di proteggere la mia parte più bella e autentica.
Uhhhhhhhh come stavo male!
Come sarei riuscita a dirlo a Rachele?! Avrei voluto chiamarla subito ma non potevo, perché sapevo che quel giorno era impegnata in un concerto....
Sequestrata dal senso di colpa, nei suoi e nei miei confronti, mi sentivo di merda.

Finalmente Il mattino dopo le ho telefonato.
Con le orecchie basse, la coda tra le gambe e la parola COLPEVOLE tatuata a fuoco sulla fronte, ho esordito "Ciao Rachele, è successa una cosa inspiegabile all'arpa. Quando sono tornata dalla vacanza era rotta", poi, trattenendo il respiro, ho atteso la punizione. La giusta punizione che mi meritavo.

Invece lei con tono tranquillo mi ha risposto "Sull'arco superiore vero?".
Cosa significava "vero?"??!!!!!
Una flebile speranza di salvezza faceva capolino titubando mentre le descrivevo il danno. Mi pareva di essere un razzo coi motori accesi in cima ad una rampa di lancio. Pronto alla partenza.
Lei ha continuato "Eh mi aspettavo che sarebbe successo prima o poi! Sai quella crepa che c'era già? Di sicuro il gran caldo di queste settimane ha asciugato il legno, e bum! ".
Cosa voleva dire "Sai quella crepa"? C'era una crepa????? Cioè mi si voleva far credere che NON ERO STATA IO IN NESSUN MODO?

In piedi, entra la Corte!
Il giudice interiore batté il martello ed emise la solenne sentenza "Al di là di ogni ragionevole dubbio, dichiaro l'imputata INNOCENTE per non aver commesso il fatto". Tutte le voci del mio dialogo interiore esplosero in un'ovazione.
Il razzo partì e io, sparata verso lo spazio infinito dell'ASSOLUZIONE, sentivo sempre più lontana la voce di Rachele che, preoccupata, si scusava "Noooo, non dirmi che non ti ho avvisato della crepa...! Mi dispiace...".

E così, la mia amata arpa, da cui già avevo imparato tanto su di me, ha voluto strafare, dandomi la sua più importante lezione: non perdere mai la fiducia anche quando tutto sembra perduto, perché si può verificare l'impossibile.
Si sappia.

Ma chi è questo giudice interiore che ci vorrebbe perfetti e non ci fa sentire mai a posto? Che dice sempre la sua quando commettiamo un errore o anche semplicemente quando potevamo fare un po' meglio (cioè praticamente ogni giorno)...? Che critica, fa paragoni e ci fa vergognare...?

Con che voce parla? Con quella di nostra madre? Di nostro padre? Dei nostri insegnanti o dei nostri amici? Magari ogni tanto ci sembra di riconoscere pure quella di qualche ex?

Il mio ha avuto la meglio in tantissime occasioni però quando, qualche settimana fa, ho deciso di non prendere più arpe in prestito e di comprarne una tutta per me, è rimasto senza parole e ha sbattuto la porta, mentre usciva per andarsi ad ubriacare.
Ma resto umile.

 

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