"Son già le sette nell'aria c'è un suono... è Magda forse che suona il piano..." cantava Bennato negli anni '70.
Ma no, non si tratta di Magda, bensì di Furio, che non è il mitico personaggio - marito di Magda nel film di Verdone - ma il mio gatto.
Canzone e film, miagolio e suono della sveglia del cellulare, si mescolano confusamente tra loro, mentre, con fatica, cerco di uscire dall'oscura selva del sonno.

Prendere coscienza che è mattina e mi tocca tornare allo stato di veglia richiede un tempo stimato di 5 minuti, durante i quali, mentre io allungo una mano alla ricerca del telefonino per spegnere la suoneria, Furio allunga una zampa sul mio viso per velocizzare le pratiche di un mio ritorno al mondo "di sopra".
Occorrono poi almeno altri 5 minuti per compiere la complessa operazione di tirar su le palpebre, manco fossero pesanti saracinesche, e aprire gli occhi.
Successivamente non posso esimermi da aggiungerne altri 10, che servono per una prima leggera riflessione giornaliera sul senso che questi eventi stanno avendo per me, affinché nulla sfugga al'instancabile e paziente monitoraggio del "qui e ora".
Giunti a questo punto, il miagolio si è allontanato in direzione della cucina e il buon senso, di cui non sempre sono fedele alleata, suggerirebbe sia arrivata finalmente l'ora di alzarsi ma il percorso operato fin qui mi ha così spossato che si rende necessario richiudere gli occhi e rimandare ancora un po' il risveglio definitivo!

Quante volte ci succede di fare la stessa cosa? Di "aprire gli occhi" sulle cose della vita, guardarle così come sono, non riuscire a  sostenerne la visione e richiuderli subito dopo, rimandando a poi la nuda e cruda verità?
Sprazzi di consapevolezza su eventi persone o amori, magari così spiazzanti e dolorosi, che scegliamo per un'altro pochino di restare nell'illusione. "Meglio non vedere, al momento".

Altre volte invece non è possibile usare questa strategia perché, anche se ci sembrava di non aver chiesto nulla, arriva qualcuno che come fosse la Baba Jaga della famosa fiaba slava, ti consegna in mano il sacro fuoco della conoscenza. Tu, moderna Vassilissa, vorresti dire "Gentilissima davvero, non lo voglio grazie, faccia come se avessi accettato!". Ce l'hai lì sulla punta della lingua ma non c'è niente da fare. Ti tocca prenderlo per forza e te ne torni a casa a orecchie basse, con la lucina dentro al teschio in cima a un bastone a mo' di lanterna, sapendo che niente sarà più come prima.
Nella mia vita ne ho incontrate diverse ma la prima che mi viene in mente è lei.

Erano gli ultimi mesi del 2006, mi stavo separando e la mia omeopata dell'epoca mi aveva consigliato di partecipare ad una giornata di costellazioni familiari, tenuta da una sua amica a Roma. Non sapevo minimamente di cosa si trattasse e, beata ignoranza, non feci neppure nessuna ricerca per capire meglio.
D'altra parte credevo non ce ne fosse bisogno: "costellazioni" era una parola che mi piaceva e "familiari"... boh, forse avremmo parlato di famiglia, e io stavo cambiando i connotati della mia. Mi avrebbe sicuramente fatto bene. Decisi di andare. Sarebbe venuta con me anche la mia amica Violet e avremmo dormito a casa di sua sua sorella. Un weekend in giro ce lo meritavamo eccome!

Ricordo me e lei a Trastevere, al mattino presto, davanti al portone del centro dove si sarebbe svolta "la cosa". Era ancora chiuso.
Ricordo quanto io fossi lontana dal preoccuparmi. Nessuna agitazione, solo un po' freddino lì fuori.
Ricordo anche che mentre aspettavamo arrivò una donna che suonò lo stesso campanello che avevamo suonato noi. Ci mettemmo a parlare e ci disse che arrivava da Bolzano.
Ecco si, a questa notizia qualche punto interrogativo comparve in effetti.
Da Bolzanooooo??? Acciderbolina!
Allora l'esperienza delle costellazioni familiari doveva essere parecchio interessante per affrontare un viaggio così lungo! Mmmhhhh....

Dopo un po' arrivarono altre persone e si palesò anche lei, Flora. La Baba Jaga in uno dei suoi travestimenti più riusciti.
Scoprii che era una "costellatrice" (ancora pensavo avesse a che fare con le stelle) nonché, indizio da non sottovalutare, una psicoterapeuta.
Insomma dopo l'iscrizione e i convenevoli entrammo in una sala dov'erano disposte un tot di sedie a cerchio (forse il mio primo, di certo non l'ultimo - ahahah - ma allora non lo sapevo mica!).
Ci sedemmo e fummo invitati a parlare a giro: ognuno doveva dire chi era, da dove veniva e perché era lì. Una roba che negli anni a venire mi sarebbe capitata decine e decine di volte ma quella era la mia "primera vez" e io non avevo idea del "mio perché".

Ma infatti: perche' ero li???? Perché non ero al mare che, detto tra noi, d'inverno mi piace quasi quanto d'estate?
Tardino per domandarselo, cazzo.
Mentre cercavo disperatamente, confessiamolo pure, un motivo intelligente da condividere con il gruppo, che giustificasse la mia presenza in loco, l'occhio mi cadde sul fatto che sparsi qua e là ci fossero dei cestini colmi di pacchetti di fazzoletti. La mia ingenuità mista al batticuore, visto che a brevissimo sarebbe toccato a me dire qualcosa, mi fecero archiviare la faccenda come "cortesie per gli ospiti col raffreddore".
Il mio Sole in Scorpione mi scusò SOLO per via del periodo difficile e confuso che stavo vivendo.
"Qualcosa" riuscii a dirla e forse me la cavai anche benino, meglio di certo del mio vicino di posto, che dichiarò di essere un paziente della Baba Jaga , "caldamente invitato" da lei stessa a partecipare, ma che tanto, non credendo a queste cose, non avrebbe  portato a casa nulla di nulla.
Poche spiegazioni, due esercizi per "centrarci" e cominciammo.

Uno di noi si offrì di costellare per primo. Cioè dopo aver raccontato su quale tema inerente la sua storia volesse lavorare, l'avrebbe messo in scena scegliendo nel gruppo le persone per rappresentare sia sé stesso che i ruoli degli altri personaggi coinvolti.
Desiderai ardentemente di darmi alla fuga.
Pensavo di passare due giorni a Roma, mica di dovermi mettere in gioco in questo modo!
Io volevo distrarmi dalla mia vita e invece, TA-DAAHN,  ci dovevo mettere le mani ravanando nel fango.
Mi ero tesa una fottuta trappola!
Restai. Restai anche pietrificata sulla sedia, con lo sguardo basso, fisso sui piedi, tipo a scuola quando il prof sceglieva chi interrogare scorrendo il registro.
Non venni chiamata in causa in quella prima costellazione. Fiuuuuuuuu. La fortuna del principiante.

La Baba Jaga mi spaventava un bel po'. Aveva uno sguardo perforante e uno stile autoritario.
I rappresentanti dei personaggi della famiglia del costellato cominciarono a muoversi liberamente, senza copione e lei facilitava lo svolgersi deĺla faccenda. Faceva domande e ordinava a Pinco di dire certe frasi a Pallino, e viceversa.
Dentro di me rumore di tuoni. Una tempesta stava per scatenarsi.
Cercavo di mantenere un contegno ma man mano che quella sorta di rappresentazione scenica si svolgeva nello spazio al centro del cerchio di sedie, io seduta ai margini e apparentemente in panchina, mi sentivo incredibilmente chiamata in causa, toccata direttamente.
Ero sconvolta. Com'era possibile??
Chi cavolo lo conosceva il Campo Morfogenetico all'epoca!
Cominciai a piangere senza ritegno, cogliendo cosi in pieno il senso dei cestini coi pacchetti di fazzoletti....

Nel corso della giornata, per dirla in modo colorito, vennero giù santi e madonne.
Io e Violet ne uscimmo completamente ribaltate.

Negli anni a venire questo metodo è diventato per me un importante strumento di crescita personale. Ho conosciuto tanti costellatori ma fu lei la mia iniziatrice.
Lei, per prima, mi aiutò a strappare il velo che avevo davanti agli occhi, facendomi scoprire qualcosa in più di me e della mia vita che fino ad allora, da sola, non ero stata in grado di vedere.
Lei, coi suoi modi strong e un depistante nome primaverile.

 

 

Se vuoi sapere quando verrà pubblicato un nuovo racconto, iscriviti qui.