C'è stato un tempo in cui la mia amica Tereza voleva andare a lavorare alle Risorse Umane.
Ricordo le fantasie che mi facevo in merito, le prime volte che sentivo parlare di questo ufficio.

Immaginavo un posto dove le persone sarebbero potute andare a chiedere aiuto in caso di bisogno. Eleganti impiegate in tute argentate le avrebbero accompagnate tra futuristici scaffali alla ricerca della risorsa giusta.
Sei giù di morale? Ti senti solo? La tua vita fa schifo? Niente paura.
Vai lì, aspetti con calma il tuo turno (perché figurarsi se non c'è la fila) e, una volta esposta la situazione, ti verrà consegnato un pacchetto di esperienze gratificanti per il fisico, il sistema emotivo e la mente, così da sentirti soddisfatto di te stesso, di quello che fai e delle tue relazioni. La tua autostima aumenterà e starai meglio.
MAGARI!
Invece no.
Nei momenti di difficoltà o per affrontare una circostanza complessa noi umani non abbiamo niente del genere a cui rivolgerci e ognuno deve fare i conti con le risorse che possiede.

Ma che saranno mai queste risorse?
A parte naturalmente le barbabietole da zucchero, risorsa passepartout, che ricordo nominavamo per qualsiasi regione italiana (soprattutto se non avevamo studiato), durante le interrogazioni di geografia...

Risorsa è quel che rimane nel setaccio quando il resto è scivolato via? È il tesoro nascosto in fondo al barile che emerge a forza di raschiare?
È l'asso nella manica del baro? È forse la fiammella vitale (come la fiamma pilota della caldaia) che arde a prescindere dai disastri che ci succedono, dalle situazioni che ci spianano e dai dolori che ci spezzano il cuore?
Oppure è qualcosa che abbiamo in dote?
Nasciamo con un tot di risorse, ce le costruiamo nel corso della vita o entrambe le cose?
Le possiamo alimentare?
Certo che se non esistesse il punto interrogativo nel nostro alfabeto, io sarei una donna persa...!

Mio nonno era un uomo pieno di risorse.
Quando aveva 93 anni, in seguito ad un grave problema circolatorio, subì l'amputazione di una gamba. Il giorno dopo l'intervento andai a trovarlo in ospedale con mia sorella.
Ci aspettavamo di vederlo provato, invece lo trovammo seduto sul letto a leggere il quotidiano locale, come faceva tutti i giorni. Al contrario mia mamma, sua nuora, che era lì dalla mattina, aveva una faccia da funerale.
Poco più tardi mi fu chiaro come tale definizione fosse assolutamente appropriata.
Mentre mia madre ci accompagnava alla macchina, balbettando ci raccontò infatti che aveva dovuto chiamare l'impresa di pompe funebri per far portare via la parte di gamba amputata, la quale, custodita in una piccola bara, in quel momento era probabilmente già nel loculo del cimitero che mio nonno aveva comprato anni prima, accanto a quello dov'era stata sepolta mia nonna.

Ma noooooo!!! Era una storia surreale...!
Quando si dice “avere un piede nella fossa”!!

Io e mia sorella, incerte su quale atteggiamento tenere di fronte alla notizia, non ce la facemmo a non ridere nonostante l'aria compunta della mamma. Poi tutte e tre decidemmo di comune accordo che il nonno non avrebbe mai e poi mai dovuto sapere della sua anticipata sepoltura. D'altro canto lui, da persona intelligente qual'era, si guardò bene dal fare domande in merito.

Si adattò alla sua nuova condizione con profonda dignità ma qualche anno dopo, poche settimane prima di morire, cominciò ad avere disturbi alla vista finché perse anche quella.
Credo abbia molto sofferto per questa ulteriore menomazione che lo isolava sempre di più dal mondo, ma proprio allora mi regalò un tesoro.
Visto che non ci sentiva ormai da anni, un giorno per farmi riconoscere - oltre a parlare a voce alta - dovetti pure toccarlo, e lui mi disse: "Sai, io non ho più una gamba e non posso camminare, sono sordo e ora anche cieco... però sono ancora vivo".

Mio nonno aveva paura di morire.
Per esorcizzare questa paura e far arrabbiare mia nonna, tutta casa e chiesa, diceva sempre che per il suo funerale avremmo dovuto organizzare una grande festa con tanto di fuochi d'artificio.

Siccome la magia esiste, è morto proprio il 31 di dicembre.

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