Quando Ester, a dicembre del 2017, mi parlò della "parola dell'anno", la ascoltai incuriosita. Invece di fare la solita lista di buoni propositi per il nuovo anno, che magari a fine gennaio hai già rinnegato peggio di Giuda, si trattava di scegliere una parola, una sola, che funzionasse da guida. Una specie di indicatore di direzione, uno strumento per tenere viva l'intenzione su quello che avresti voluto vivere e realizzare nel corso dei 12 mesi successivi.

Ester mi raccontò di aver letto su diversi blog consigli su come fare a cercarla e come poterla utilizzare.
Sembrava una figata!
Entusiaste, ci lanciammo nell'impresa e ognuna di noi due, nei giorni seguenti, trovò la sua.
Pur essendo consapevoli che la "parola dell'anno" non avrebbe fatto tutto da sola, ma si sarebbe manifestata attraverso le nostre scelte e azioni, non avevamo calcolato un piccolo particolare.
Per niente insignificante.
La quisquilia era che, la "parola", dopo essere stata partorita, avrebbe preso vita propria.
Un po' come i figli, che appena nati sono dei dolci cicciottini amorosi poi diventano adolescenti e non li riconosci più.
Mentre ti domandi come sia potuta avvenire la metamorfosi sotto i tuoi occhi, loro ti fanno traballare. Aspettando che passi, cioè che l'adolescenza finisca, provi a tenere duro, come fa uno scoglio col mare in tempesta. Ferma, una mareggiata dietro l'altra, sei sempre lì immobile ma, ad un certo punto, tu, madre-scoglio, ti guardi e capisci che tutte quelle onde che si sono infrante su di te hanno finito inesorabilmente per trasformarti.

Ci volle un po', ma alla fine del secondo anno della nostra pratica, fu chiaro che, come ogni cosa, anche le nostre "parole dell'anno" avevano un lato sconosciuto e noi lo avevamo conosciuto.
Non era stato tutto rose e fiori insomma!

A dicembre del 2019 tentai quindi di fare un clamoroso passo indietro, rifiutandomi di scegliere la "parola" per il 2020.
"YES", la mia "parola uscente" diciamo, mi aveva portato inaspettatamente, nel corso dei mesi, a dire cosi tanti NO a persone o situazioni che, anche se alla fine questo aveva significato dire SI, o meglio YES, a me stessa, io non volevo più decidere consapevolmente su cosa "soffrire" l'anno successivo!
Volevo invece tornare alla mia vita di prima, prima della "parola dell'anno".
In quel tempo meravigliosamente inconsapevole nel quale le cose accadevano e io non dovevo per forza darne la responsabilità a me stessa!
No, io non avrei avuto nessuna ispirazione a condurmi per l'anno che stava arrivando, nemmeno un banale elenco di "mi piacerebbe".

Niente di niente.

Ascoltavo le mie amiche (anche Tereza si era fatta contagiare) confrontarsi sulle possibili nuove parole che avrebbero racchiuso il loro desiderio e tentavo di dissuaderle: "Attente! Non lo fate! Lanciare un intento è come stipulare un contratto con l'Universo. Da quel momento in poi lui farà di tutto perché si realizzi e costringerà pure voi a fare di tutto, anche quello che non vi immaginate nemmeno e che potrebbe non piacervi!!".
Mi prendevano in giro e confesso che durante le nostre conversazioni ridevamo molto. Risi parecchio di meno invece, quando, convinta di essere in salvo, a gennaio inoltrato, mentre fumavo una sigaretta sul terrazzo di Tezla con lo sguardo perso nel buio, una parola, anzi due, apparvero nella mia mente!
Le parole venute dalla notte erano veramente assurde: "Fabulous colours".
Provai subito a cacciarle, poi a far finta di nulla ma, nonostante mi sforzassi di pensare ad altro, c'erano ancora, ancora, ancora, come fossero scritte su un'insegna luminosa lampeggiante.
Merda!

Dice che quello che reprimiamo ci possiede e infatti nei giorni successivi, le due stronzette continuarono a comparire sempre più spesso tra un pensiero e l'altro, finché non fu più possibile ignorarle. Imbarazzata ma ormai arresa, confidai a Tereza ed Ester che io, la donna che non voleva più la "parola dell'anno", invece ne aveva ben due.
Mi dichiarai innocente!!! Non le avevo mica cercate, in fin dei conti mi avevano trovata loro!

E così è finita che mi sono avventurata nel memorabile 2020 con "Fabulous Colours" come bussola. Vogliamo commentare?
Diciamo che sono stata coraggiosa!
Ricapitolando, posso dire di aver avuto a che fare con i colori nelle situazioni più impensate, una per tutte quando ho scelto quelli per questo blog mentre lo stavo creando, ma giuro, GIURO, che mai, MAI, nel mio immaginario - piuttosto fertile a dire il vero - avrei creduto di ritrovarmi nel rosso, giallo o arancione della mia regione!!!!

Uscire dal nostro spazio sicuro ci fa paura perché lì dentro abbiamo l'illusione di sapere cosa aspettarci da ogni situazione, evitando rischi e incertezze, mentre fuori temiamo di non avere il controllo. Cosi facendo ci perdiamo il meglio e, anche se rischiamo di fare esperienze che non avevamo previsto, meraviglie inaspettate potrebbero venirci incontro.
Fare un passo verso i nostri desideri, seguirne il movimento con un'azione o scegliere la "parola dell'anno" è rompere la rete di recinzione della zona di comfort e darsi un'occasione.

Prima di Natale Tereza mi ha regalato una marmellata fatta da lei. Sul barattolo di vetro ha attaccato un'etichetta scritta a mano: MARMELLATA DI MELE CASCHERECCE E DI COSE CHE POTEVANO ANDARE IN UN VERSO ED INVECE VOLLERO ANDARE IN UN ALTRO MODO.
Ci ho fatto colazione stamani mentre pensavo alla mia parola per il 2021... e incrociavo le dita.

 

 

Se vuoi sapere quando verrà pubblicato un nuovo racconto, iscriviti qui.