Quando ero una bimba, la sera del 24 dicembre, dopo cena, a casa mia arrivava Babbo Natale in persona.
Lo aspettavamo, trepidanti, in tre: io, mia sorella e mio cugino.
Anche quell'anno, ad un certo punto della serata, si sentì suonare il campanello... La mia tensione raggiunse livelli quasi insopportabili e finalmente il babbo andò ad aprire il portone: era lui!

Lo vidi entrare come sempre tutto vestito di rosso, con la barba bianca, la cesta di vimini sulle spalle piena di regali e.... le scarpe uguali uguali a quelle di mio nonno!!???!!
Babbo Natale questa volta aveva ai piedi un paio di scarpe assolutamente identiche a quelle che il nonno indossava proprio quel giorno!
Ma che coincidenza incredibile!
Avrei tanto voluto farla notare anche a lui, ma il nonno, appena finito di mangiare, era andato al bar dai suoi amici.
Avevo provato a convincerlo a restare, perché volevo che aspettasse con me Babbo Natale, invece non c'era stato niente da fare. Mi era dispiaciuto.
Ancora mica lo sapevo che il caso non esiste!
Va beh, la faccenda delle scarpe gliel'avrei raccontata poi, ora bisognava affrontare il terribile momento della poesia e non potevo distrarmi. Era importante che mi concentrassi, dovevo ricordarmi quella che avevo imparato a memoria e recitarla senza intoppi davanti a tutti. Che stressss!
Ero una bambina timida e giurai a me stessa che se mai fossi riuscita a sopravvivere all'imbarazzo, al cuore che batteva a mille e alle gambe che mi tremavano, da grande avrei abolito quell'ignobile tortura.
Andò bene, tutti e tre superammo la prova e Babbo Natale, soddisfatto della nostra performance, cominciò a distribuire i doni.
Finalmente arrivò il mio turno e lui mi consegnò un pacchettino.
Mmmmmmh... la cosa non quadrava mica!
Come poteva stare in un pacchetto così piccino l'intero "Salotto di Barbie" che gli avevo chiesto nella letterina?
L'avevo visto in qualche pubblicità e lo desideravo tantissimo.
Nonostante a quei tempi non sapessi neanche lontanamente dell'esistenza dell'Ikea, non mi arresi all'evidenza e lo aprii fiduciosa.
Il tavolo, le sedie, il mobile, il divano e le poltroncine, sui quali avevo fantasticato per ore, sarebbero saltati fuori come per magia.
Col cazzo.
Il pacchetto conteneva una cipolla. Una cipolla vera!
Fu uno shock.
Ma come??? Mi avevano detto che erano i bambini cattivi a meritare le cipolle a Natale e io INVECE ero una bimba buona!
Ricordo ancora il dolore fisico delle lacrime che, per quanto mi sforzassi di trattenere, mi bucavano gli occhi e che, dopo qualche istante, cominciarono ad uscire senza ritegno.
Che umiliazione!
Io piangevo e i grandi ridevano. Ridevano di me.
Io li odiai. Babbo Natale in primis.

Sarà stato allora che, nel fertile terreno della mia indifesa personcina, furono gettati i semi della ribellione?

Sei una bambina e credi di dover essere come gli altri vogliono che tu sia. Sei confusa e ti impegni ancora di più per riuscirci, aderendo ad un'immagine di te che viene dall'esterno.
Se però un Natale ti arriva in regalo una cipolla al posto del "Salotto di Barbie", all'inizio potrai pure pensare di non aver fatto abbastanza per meritarlo, ma poi, più avanti, anni e anni e cipolle e cipolle dopo, potresti anche ritrovarti a prendere a picconate quell'immagine in cui non ti riconosci più e, dopo averla frantumata per bene, potresti permettere ad una più autentica di manifestarsi! Nella maggior parte dei casi spiazzando e lasciando nello sconcerto chi ti è vicino.

La nostra vera natura è paziente. Ci aspetta per il tempo che serve. A volte per tutta la vita. Anche per più di una, se necessario.

"Ho vissuto con molti maestri zen ed erano tutti gatti" scrive Eckhart Tolle.
Quest'estate, la notte prima di partire per una vacanza, sul soffitto di camera mia è comparso un piccolo geco. L'ho lasciato lì immaginando di occuparmi di lui al mio rientro ma quando sono tornata era scomparso e io non ci ho più pensato. Dopo qualche settimana, una sera, apro la porta di casa, carica di buste con la spesa, e vedo il mio gatto Furio che rincorre come un pazzo un "coso" che fugge sul pavimento, poi lo raggiunge e se lo mangia, masticandolo con gusto mentre quello si dibatte.
Metto a fuoco: il "coso" è il geco.
Parecchio cresciuto in verità!
Urlo, lancio per terra le buste con la spesa e faccio velocemente dietro front.
Rimango alcuni minuti sul pianerottolo, con le chiavi ancora in mano, fissando inorridita la porta che, fuggendo, mi sono chiusa alle spalle. Al di la si sta consumando un pasto tribale. Una specie di rito di passaggio.
Furio, il micio che ho trovato, piccolissimo e malandato, 11 anni fa e che ha sempre vissuto con me in un appartamento al quarto piano, Furio che vede il mondo dalle finestre, lui, proprio lui, che al massimo faceva gli assalti alle ciabatte quand'era giovincello, ha appena catturato un geco!

A quel punto mi sono vista. Cosa cavolo facevo fuori da casa mia invece di partecipare al Satsang? Allora ho riaperto la porta. La testa del geco era sul tappeto dell'ingresso, mentre Furio aveva una nuova luce negli occhi.
Era diventato un gatto vero.
Ho guardato il mio maestro felino con ammirazione. Mi aveva appena dimostrato che non è mai troppo tardi per ritrovare la connessione con la nostra essenza selvaggia.

Ma torniamo al Natale in questione.
Dopo lo scherzetto della cipolla ricevetti anche il "Salotto di Barbie", naturalmente.
La fiducia in Babbo Natale si era però incrinata per sempre e, complici anche i dubbi sulle sue scarpe e su quelle del nonno, l'anno successivo chiesi insistentemente a mio padre di confessarmi chi fosse veramente Babbo Natale. Il traditore doveva essere smascherato.
Lui mi dette una risposta che mi lasciò di stucco: "Quando lo scoprirai non verrà più".
Ahhhhhh ecco ... era così che funzionava allora! Se si va a fondo nelle cose, queste poi spariscono?
In realtà il mio babbo mi stava regalando una verità troppo grande per la mia comprensione di bambina.
Questa frase mi è tornata in mente molto tempo dopo, guardando coi miei figli "Kung fu panda".
Ping, padre di Po, il grosso panda protagonista del cartone, confessa ad un certo punto al figlio che l'ingrediente segreto della sua famosa "zuppa dall'ingrediente segreto", in realtà non esiste. Po non ci crede. Non può essere che sia una semplicissima zuppa con spaghetti e nient'altro. Allora Ping esclama: "Per rendere una cosa speciale devi solo credere che sia speciale".

Babbo Natale e la "zuppa dall'ingrediente segreto", che sembrano cose che riguardano solo i bambini, propongono invece, secondo me, un cambio di paradigma da prendere seriamente in considerazione, perchè "credere per vedere" potrebbe essere davvero la chiave della magia, se ci interessa viverla.

 

Se vuoi sapere quando verrà pubblicato un nuovo racconto, iscriviti qui.