La stanza degli ospiti


Ho creato questo spazio per gli amici
che con i loro racconti passano di qui...

G. è la mia parte saggia, il mio spirito eterno che mi osserva imparare cose in questo viaggio terreno, mi vede prendere grandi facciate e gioire di piccoli o grandi enti. È il mio angelo custode che ride di me quando vede il mio ego gonfiarsi come un pallone e credersi chissà chi. Essendo così saggia e paziente, mi rivolgo a lei soprattutto quando vado in crisi e non so più chi-cosa-come-perché. Spesso mi risponde. Ecco quindi le mie ultime paturnie in una lettera aperta a lei rivolta.


Cara G, come ben sai da qualche mese pratico Taiji una volta alla settimana. Sì lo yin e lo yang, il maschile e il femminile, la luce e l’ombra, il duro e il morbido, la forza e l’accoglienza… la famosa danza degli opposti che tutto sono e tutto creano.
Dicevo che in virtù di questo pieno e vuoto mi è venuto un pensiero che voglio condividere con te.
So che saprai comprendere e ispirare nuove ed edificanti sensazioni.

C’è un tempo per far entrare cose e un tempo per farle uscire. Un vaso che si riempie e si svuota, si riempie e si svuota… Non si può svuotare se non è pieno e non si può riempire se non è vuoto.
Ultimamente ho fatto entrare tante informazioni, di ogni genere. La mia mente si è riempita, appunto, fino ad arrivare al limite e al momento sento come se niente altro possa catturare la mia attenzione e che, se anche lo facesse, sarebbe un fuoco di paglia. In questi lunghi mesi invernali ho letto, ascoltato, guardato “la qualunque”, tutto e l’opposto di tutto, fino ad arrivare, ora, ad un senso di straniamento generale che mi porta ad interloquire con te su questo quaderno per poter svuotare il famoso vaso di cui sopra.
E ti ho già detto anche che lo faccio meglio con te invece che coi miei simili, vero? Non riesco ad individuare la persona “giusta” con la quale svuotare il sacco… il vaso volevo dire! È una brutta sensazione perché mi fa riflettere su quanto io sia CAMBIATA nel corso degli anni (una volta avevo più di una persona alla quale fare le mie confessioni). Sarà una questione di vecchiaia? Per tutta la solitudine che si dice porti con sé??! La cosa mi preoccupa un po’, non perché io non voglia invecchiare, ma… Magari è solo una fase di passaggio in cui semplicemente devo digerire il fatto che tutti noi siamo soli (che esistiamo soli) e lo siamo sempre stati anche se prima, da giovani, non ce ne accorgevamo? Io quanto meno ne avevo il sentore , ma ora questa impressione si è fatta quasi certezza…
Leggo sul web di un’amica di Torino che finalmente ha “trovato la sua tribù”. Io mi guardo intorno e noto che le persone che più mi sono vicine, fisicamente e geograficamente, sono tanto DIVERSE da me. Quanto meno io non sono più come loro, ma ancora non so chi sono, di chi sono… Quindi nemmeno so dove andare a cercare i miei simili… sempre che esistano.
Oppure…
Oppure la mia tribù io già ce l’ho. E semplicemente sono le persone cui voglio bene. Non importa se sono diverse da me, perché poco o tanto tutti siamo diversi. Anzi - per dirla alla Drusilla - tutti siamo UNICI. E questa unicità non solo va accettata, ma va coltivata, esaltata.
Quindi G. mi dirai che semplicemente sono UNICA, ed è giusto così, che unica non vuol dire sola, che non è detto che “altrove” esista una tribù di simili a me con cui poter anche solo pensare di stare meglio, anzi. Mi diresti che sarebbe solo un’illusione per scappare dalla responsabilità di impegnarsi a stare bene con se stesse, prima ancora che con gli altri.

Cara G. sarà che troppe volte da piccola mi hanno detto che chi mi ha fatto ha poi buttato via lo stampo, sarà che sta cosa dell’unicità e dell’omologazione mi sembra un po’ una fregatura (se poi TUTTI siamo unici…), sarà che sta cosa dello yin e dello yang mi sta sfuggendo un po’ di mano…

Il saccovaso comunque l’ho svuotato.

Grazie. Alla prossima.